venerdì 28 novembre 2014

Coritality Rassegna Stampa dal 21 al 28 novembre 2014

28 novembre 2014
Le intense emozioni del coro degli Alpini
Nei canti alpini c'è tutto l'umano: c'è il soldato che deve lasciare i suoi cari e canta lo strazio di quell'addio, c'è la sua giornata in guerra per la patria e ...

26 novembre 2014
Coro Grigna in concerto a Valmadrera per Telethon
Fu Giuseppe Scaioli, allora allievo di Conservatorio, a disciplinare la voglia di cantare di un gruppetto di amici appassionati di canto alpino. Preso il ...

25 novembre 2014
Oggi Treviso
Il coro Stella Alpina da Papa Francesco
TREVISO - Il coro "Stella Alpina" di Treviso festeggia i 65anni dalla sua fondazione. Per l'occasione mercoledì 26 novembre incontrerà, in Vaticano, ...

24 novembre 2014
Il Piccolo
Canti alpini “natalizi” al Rossetti
L'appuntamento è al Politeama Rossetti, con inizio alle 17.30, e lo spettacolo si intitola “Ricordare in musica con gli alpini”. Tanti canti, ma anche un ...
La Provincia Pavese
Cardano, la lezione degli alpini
“Ci ha lasciato un segno vedere l'emozione che ancora traspare dai racconti e dai canti degli alpini – ammette Fabiana Licata –. Spesso passo ...

21 novembre 2014
picenotime
Centenario Grande Guerra, emozioni con “Mille papaveri rossi”
Si potranno ammirare le foto dell'epoca firmate F.lli Alinari, ascoltare i canti che scandirono quegli anni grazie al coro alpino La Piccozza.
Crem@ on line
Il coro della Brigata Alpina Tridentina
I canti degli alpini saranno protagonisti all'auditorium Manenti. Sabato 6 dicembre, a partire dalle 21, il corocongedati Bat (Brigata Alpina Tridentina) ...

lunedì 27 maggio 2013

I canti dei soldati di Barba Piero

Il 14 febbraio 1918 viene pubblicato il primo numero de' "L'Astico" il Giornale delle Trincee, totalmente scritto con i contributi dei soldati in prima linea e distribuito gratuitamente sui campi di battaglia. Barba Piero, pseudonimo di Piero Jahier ne curava la redazione. Arruolatosi volontario con il grado di sottotenente degli Alpini, ebbe la felice intuizione di raccogliere in trincea, i canti dei soldati, contribuendo al mantenimento di un prezioso documento storico. L'ultimo numero de' "L'Astico" è datato 10 novembre 1918, il giorno successivo sarà ricordato come la fine della Prima Guerra Mondiale e quindi cesseranno le finalità del giornale, ma Jahier, italianissimo di Genova, riesce nel suo intento e pubblica un libretto di circa 70 pagine chiamato "I canti dei soldati". Le motivazioni che lo spinsero a tanto è tutta nelle sue parole di presentazione. Parole che, sebbene siano state scritte in anni di guerra e sia passato quasi un secolo, colpiscono per la passione e la serenità di alcuni concetti sul canto, validi ancora oggi:

"Canti di Soldati. Ecco la spiegazione premessa al nostro primo libretto di 'canti di soldati'. Questo libretto si propone di aiutare ogni reparto volenteroso a fabbricarsi un buon coro di soldati senza bisogno di nulla. Né di musica, né di strumenti, né di locali. E' un arrangiamento di guerra. Come con un telo da tenda e quattro sassi ci si arrangia una casa, così ci si può arrangiare una buona fanfara di voci, con tre cose che si trovano dappertutto: l'orecchio giusto di un capocoro, l'anima canterina del soldato italiano, questo libretto di parole. Ho fatto la prova; sono sicuro. E io non avevo l'aiuto di questo libretto, dovevo insegnar le parole a memoria: non avevo neanche un trombettiere intonato che potesse accennare alle diverse voci; non avevo le regole dell'esperienza che si trovano alla fine di questa spiegazione. Chi prova dopo me si troverà avvantaggiato. Fu all'istruzione delle reclute del '97 che feci la prova, io. Ci avevano levato la fanfara, ma quasi a rimpiazzare il nostro bisogno di musica, ogni giorno crescevano i cori. Mi misi ad osservarli questi cori, come facevano a insegnarseli e a imparare? Dov'era la scuola di canto? La scuola di canto era in strada, in cortile, in osteria: imparavano come si era sempre imparato, a orecchio, per imitazione. Chi aveva la grazia della voce faceva centro, gli altri gli tenevano dietro; chi aveva la grazia dell'armonia inventava il controcanto e anche lui trovava seguaci; qualche anziano, per compiacenza, ci aggiungeva un grugnito di basso. Ecco fatto un coro a tre voci. E che pazienza! E che passione! Le parole se le copiavano in ginocchio, sulle assicelle in camerata; di nascosto, per non scoprire la boccetta d'inchiostro nel paglione. Se la passavano come una lettera amorosa! Cento volte ripetevano la stessa nenia, pur di cantare! Per stanca e appesantita che fosse la colonna in marcia bastava che in un punto qualunque della fila scoppiasse il richiamo della bella voce serena per vedere gli amanti del canto volar via di corsa a raggiungerla, collo zaino ballante sul groppone sudato. Allora dissi tra me: dal momento che siamo italiani e non possiam fare a meno di cantare, perché non si potrebbe disciplinare e indirizzare questo amore così ardente con un po' di scuola? Inalzarlo fino ai canti dei popoli liberi che danno la coscienza di questa guerra, fabbricare un coro che rimpiazzi davvero la fanfara per marciare in cadenza e intanto ci sfoghi dei nostri dolori di soldati? Ci son tante istruzioni secondarie che consistono nel dormire in cerchio intorno a un graduato! Cantare, per l'anima, è come far zaino a terra, per la schiena! Detto fatto: come avevo imparato da loro. Cominciai, anch'io, a ricopiar foglietti colle parole: ogni cinque uno: inventar un segnale: 'adunata canterini' che me li portasse intorno in qualunque formazione e in testa alla colonna quando marciavamo: provai le voci, una a una e le divisi: e poi avanti: a orecchio e per imitazione. La scuola di canto la impiantai dove e quanto capitava: in piedi, su un prato, tra un lancio di bombe e un'arrampicata: dentro, i giorni piovosi, che me li salvava dalla morra e dal sette e mezzo clandestino. Non avevo neanche un trombettiere in grado di aiutarmi accennando i motivi: dovevo cantare, ricantare, stracantare, la stessa parte sempre io: a volte mi toccava sedermi sfinito su uno zaino e chiedere un pezzetto di formaggio per rifar forza e continuare. Ma non importa; ci ho un ricordo che compensa tutto: una spianata verde in faccia alle Dolomiti dove siamo adunati per giurare, tutta la leva; e la fanfara di voci dei miei tosatti che tiene il tempo e mantiene lo scatto per tutti, mentre sfiliamo in parata! La testa bianca del mio colonnello tentennava commossa lassù nel mezzo: si, si bravi figlioli!
Ecco perché ho raccolto questi canti di soldati, così alla buona, a memoria, ma subito. Nel raccoglierli ho ubbidito a una legge sola: che fossero popolari tra noi soldati. La popolarità è una scelta già fatta: vuol dire che corrispondono al nostro sentimento di guerra. Ci ho aggiunto soltanto pochi canti di popoli che hanno un valore universale. Qualcuno troverà che ce ne sono molti veneti. Ma è naturale. Non solo perché il Veneto è terra di armonia. Ma perché la guerra è stata nel Veneto, non bisogna dimenticarlo mai. O nostra santa terra, la più ferita figliola della patria, anche noi soldati ti abbiamo invasa e turbata coi nostri tanti bisogni dalla cravatta da levare al sorriso della tosa; son state di tutti noi combattenti le tue dolci case... E così siano di tutti i fanti italiani queste tue canzoni e le riportino in memoria tua alle case più lontane. Barba Piero

Ivan Fozzer
coritalitysta

martedì 14 maggio 2013

Coritality Rassegna Stampa dal 6 al 13 maggio 2013

Inauguriamo una nuova rubrica del nostro blog, una rassegna stampa dei principali articoli che appaiono di settimana in settimana sulle testate giornalistiche web. Una finestra da aprire su quanto e come il mondo della stampa, dei mass media seguono le vicende dei cori alpini.

Articoli del 11 maggio 2013
VARESE NEWS
L'appuntamento è per sabato 11 maggio alle ore 21 Appuntamento storico, questo fine settimana per il Coro Alpino Sestese. La formazione sarà “ospite” ...

Articoli del 10 maggio 2013
CORRIERE ALPI
In occasione della 86esima adunata degli alpini a Piacenza e del 70. anniversario della battaglia di Nikolajewka, il nostro giornale presenta un cd di canti ...

Articoli del 9 maggio 2013
MATTINO PADOVA
..in occasione dell'86a Adunata nazionale degli Alpini di Piacenza e del 70° ... Ad interpretarli, il Coro della Sat, il coro Ana di Milano, il coro Ana ...

Articoli del 7 maggio 2013
LA PRIMA WEB
... si svolgerà la 26ª edizione del Festival degli Appennini con Canti della montagna, alpini e popolari. «Il canto popolare rappresenta le nostre tradizioni.

IL QUOTIDIANO
«Il canto popolare rappresenta le nostre tradizioni. I canti parlano della nostra storia, dei "mestieri" dei nostri antenati, dei loro sentimenti, ...

LIGURIA NOTIZIE
Alle 21, presso la Parrocchia di Santa Maria Maggiore, si terrà una rassegna di canti alpini con i cori ANA Soreghina e Rocce Nere: l'ingresso è libero.


lunedì 18 marzo 2013

Musica buona per stare insieme

Articolo di Anna Bandettini apparso su Repubblica.it il 18/03/2007

Si ritrovano due, tre volte la settimana. Da Bolzano a Catania, in uno stanzone di Genova, in una sala di Milano, in un oratorio di Matera, ogni giorno una folla anonima di impiegati, professionisti, pensionati, casalinghe e studenti canta per passione. Una curiosa moltitudine di amatori che intona, con regolarità, studio, dedizione e soddisfazione, canti popolari, di montagna, canti degli alpini e arie polifoniche, Il mazzolin di fiori, La Montanara, Monte Canino, Stelutis alpinis ma anche preziosità come i mottetti di Palestrina e Il Vespro della Beata vergine di Monteverdi. La cultura del coro in Italia è viva e diffusa con 2300 complessi, più al nord che al sud, più in Friuli e Lombardia che in Trentino. Stimando 30 coristi per complesso si arriva a circa 70mila persone che cantano. «Molte di più nella realtà - precisa Sante Fornasier, il presidente della Finarco, la Federazione nazionale dei cori - Perché oltre ai cori iscritti alla nostra federazione con tanto di atto statutario e associati regolari, ci sono migliaia di altri cori, scolastici, parrocchiali~ Alla fine si può dire che in Italia a praticare la coralità sia un intero quartiere di Milano, qualcosa come 250mila persone». Dilettanti ma, concordano gli esperti da Massimo Mila a Francesco Guccini, altamente professionali dal punto di vista artistico. L' idea del coro pittoresca e sagraiola, da retrobottega o gita in pullman è una retorica che non regge più. Oggi i cori sono i custodi di un inestimabile patrimonio musicale a rischio di oblio, sia per quanto riguarda la tradizione popolare (canti di lavoro, canti alpini, di montagna, d' amore~) sia per la più ricercata polifonia barocca che i teatri lirici e le sale da concerto hanno abbandonato in favore del melodramma. Lo testimonia la storia di complessi ormai diventati celebri come il Coro della Sat e il Coro della Sosat di Trento, il Coro Ana di Milano, i Crodaioli, la Camerata Corale La Grangia di Torino, il Coro Grigna e, per la polifonia, i Cantori di Santonio, il Coro Eos di Roma, il Cenobium di Piovene, il Vox Cordis di Arezzo, l' Ars Cantica di Milano, Il Peresson di Arta Terme, il Coro Polifonico di Ruda, il Florilegium Vocis di Bari. «I cori di canto popolare, alpini o di montagna, sono il 25 per cento dei complessi, il 12 le voci bianche, il 3-4 per cento gli ensemble di vocal jazz - prosegue Fornasier - Ma ben il 60 per cento sono cori polifonici, misti maschi e femmine, molti dei quali bravi quanto i cori di professionisti. Bisognerebbe far loro un monumento perché mantengono viva una tradizione musicale che all' estero ci invidiano e coltivano, Monteverdi, Palestrina, la scuola napoletana di Gesualdo da Venosta, Scarlatti. La nostra cultura musicale». Anche il canto popolare sfugge ormai al folclore. «Ci sono fior di compositori che hanno armonizzato canti alpini - dice Massimo Marchesotti direttore del coro Ana di Milano - Arturo Benedetti Michelangeli, Bruno Bettinelli, Luciano Chailly, Teo Uselli, Andrea Mascagni, Bruno Sollima, Renato Dionisi». L' esempio più straordinario e celebre lo dà il coro della Sat di Trento, ensemble di esperti incantatori, appena tornato da Praga, per il 31 marzo atteso a Milano (al Politecnico). Nato nel ' 26, sotto la spinta di Luigi Pigarelli a cui si devono ben 94 armonizzazioni, la Sat è stata definita da Mila il Conservatorio dei cori alpini. «La nostra amicizia con Benedetti Michelangeli è iniziata nel ' 36 ed è durata fino alla sua morte nel ' 76 - spiega Claudio Pedrotti l' attuale direttore - Ci ha dato 19 canti, perle come La bella al mulino, La pastora e il lupo. Noi abbiamo avuto la fortuna di aver fatto innamorare molti musicisti, da Giorgio Federico Ghedini a Lino Liviabella. Oggi sono 300 i canti armonizzati editi dalla nostra Fondazione e abbiamo rapporti costanti coi giovani compositori da Mauro Zuccante e Giovanni Veneri e Armando Franceschini». L' aggiornamento del repertorio e lo svecchiamento dei coristi (età media, 38 anni) sono oggi considerate due urgenze. «Canti di guerra, d' amore e storie singhiozzanti allontanano i giovani», dice Marchesotti. «D' altra parte però è su quelle storie che siamo nati - ricorda Pedrotti - Sotto l' impero asburgico, chi non aveva sostentamento veniva mandato in Boemia nei campi profughi. Lì molti trentini hanno imparato il canto corale che poi hanno portato a casa nel ' 18 finita la guerra; canti di altre tradizioni intonati sotto voce perché era vietato, ma non per niente i pianissimi della Sat sono celebrati ancora oggi. Per il piacere di cantare non occorre urlare». Se in passato avevano favorito la nascita dei cori il clima, l' isolamento, i valori della montagna, la Grande Guerra, o la vendemmia, il taglio del fieno stimolavano leggende e canti nelle zone appenniniche e del sud, adesso per rinnovarsi si è più moderni, pragmatici: la Finarco organizza un coro giovanile italiano di 34 ragazzi selezionati da tutta Italia, il festival di Follonica (dal 22 al 25 marzo) per i cori scolastici, un' accademia di 10 giorni a Fano per nuovi direttori di coro, una scuola biennale per compositori ad Aosta. Oppure ci si ingegna: il compositore Giorgio Battistelli ha creato Vijidaes Visioni un' opera corale per due cori maschili, coro misto, ottoni, percussioni e 30 mucche e i cori Sant' Ilario e Coro della Valle sono andati a Sanremo a duettare con Antonella Ruggiero. «Non siamo nuovi alle contaminazioni. Anni fa avevamo coinvolto Giorgio Moroder per armonizzare una serie di leggende trentine raccolte da Mauro Neri. Un successo - racconta Antonio Pileggi del coro S. Ilario - E nel 2003 c' è stata la Messa delle Dolomiti di Veneri a Parma. Fu lì che dopo una prova al Regio, i professori dell' orchestra si alzarono in piedi per applaudire noi dilettanti. Esperienze così ti bastano per tutta la vita». Anche perché di solo piacere si nutre la folla di cantori. «La federazione riceve dallo Stato 135mila euro con cui facciamo tutto: attività didattica, artistica, editoriale più il festival di settembre, quest' anno dal 2 al 9, a Lignano con 5-6mila coristi da tutta Europa. Un ministro accorto ci investirebbe di più», butta lì Fornasier. Immuni da denaro, fama, interessi, dunque snobbati dalla tv, i cori sono un ambiente particolare. «Per entrare in un coro io dico sempre che ci vuole una intonazione buona ma soprattutto un atteggiamento giusto», dice Marchesotti. «Io le prime donne e i Pavarotti non li prendo - avverte Antonio Pileggi - Da noi valgono ancora valori come impegno, modestia, generosità». Resiste, cioè, l' antica e dimenticata civiltà dello stare insieme.

lunedì 4 febbraio 2013

Il lungo viaggio tra sogno e realtà corali alpine (3a parte)

I cori ANA, già dai primi anni ’50, sulla più che promettente scia del Coro ANA di Milano, prendono forma. Realtà corali forse meno note al grande pubblico, ma che nulla hanno da invidiare ai cori più blasonati. Alcuni veri e propri talenti armonizzativi e corali nascono nel nome dell’ANA. Basti pensare che su circa 500 cori di genere maschile, quasi 140 oggi sono Cori dell’Associazione Nazionale Alpini. Volendo anche ipotizzare che i dati a cui ci riferiamo, a seguito del costante movimento dell’ambiente corale, possano non essere totalmente corretti. Non possiamo che constare il fatto che più di un quinto dei cori maschili italiani è un coro sotto egida dell’ANA. Questo dato è significativo e straordinario. L’entità coro a tutti gli effetti è da sempre una grande risorsa culturale della vita associativa alpina di gruppi e sezioni. Facendo un calcolo approssimato per difetto di 25 coristi per coro, significa che oltre 3500 soci ANA, cantano in un coro. La vita media dei cori maschili in genere, calcolata su quelli ancora in attività in Italia è stimabile in meno di 35 anni. Arrivare anche solo a questo traguardo significa avere passione, organizzazione, idee. Far coro oggi non è assolutamente cosa facile. Per ogni corista ci sono le prove, una o due volte la settimana, da organizzarsi tra impegni di lavoro e famiglia. I concerti che tra i cori più attivi arrivano ad essere anche diverse decine all’anno. Il tutto poi deve essere organizzato, gestito in autonomia e professionalmente. La scelta dei repertori, lo studio della musica, talvolta anche approfondite ricerche nel campo del canto popolare. Insomma, in definitiva una vera e propria passione che potrebbe essere tranquillamente considerata un vero e proprio secondo lavoro, mal retribuito certo, siamo tutti cori amatoriali, ma con l’intento di offrire spettacoli il più possibile affini ai livelli professionistici. Non è facile, bisogna avere molta determinazione che non è di certo mancata a quella decina di cori ANA che hanno raggiunto i 50 anni di ininterrotta attività. Cori che sono eccellenza del panorama corale italiano. La storia dei nostri cori, troppo pochi sanno che è costellata da grandi nomi nel campo della musica, armonizzatori e capacità interpretative di tutto rispetto. Il “Coro ANA di Milano” (1949), unico ad avere passato la tappa dei 60 anni di ininterrotta attività, vede alla propria direzione uno dei maestri storici del panorama corale nazionale nonché intuitivo etnomusicologo, Massimo Marchesotti che guida la formazione milanese da esattamente 40 anni. Realtà attivissima, è il coro che dopo la SAT a livello discografico, ha prodotto più materiale canoro, con ben 43 opere e oltre 400 brani incisi. Si occupa da sempre di ricerca e recupero di canti popolari e degli alpini, privilegiando piuttosto che proprie armonizzazioni le collaborazioni con armonizzatori esterni, tra gli altri: Zanolini, Bettinelli, Soffici, Hazon, Chailly, Veneri, fanno parte del repertorio del coro. Pochi anni dopo l’ANA di Milano, a Busto Arsizio nella provincia di Varese, presso il locale gruppo alpini vede la luce il “Coro ANA Monterosa” (1954) oggi diretto da Lino Sementa. Coro con una spiccata capacità nell’attingere dalle diverse realtà corali con le quali in quasi sessantenni di attività è venuto a contatto, tanto da affermarsi proponendo un repertorio di canti che vanno dalle armonizzazioni di Malatesta del Tre Pini di Padova, passando per i Crodaioli, e ancora per il Coro Monte Cauriol. Riproponendo il tutto con la propria caratteristica personalità. Il “Coro ANA di Torino” dell’attuale maestro Giancarlo Nicola nasce nel 1956, e fin dalla propria costituzione ha scelto di preservare lo stile del canto alpino, senza troppo concedere a leziosità e preziosismi che, come dichiarano, spesso solo apparentemente abbelliscono il canto a discapito della genuinità. Non tutti conoscono la storia di questo coro molto legata al canto “La Montanara”. Toni Ortelli, uno dei due autori del celebre canto studiava all’Università di Torino, in quel periodo si era molto avvicinato all’ambiente alpinistico torinese e prese a dirigere la Corale Alpina “Canta che ti passa” che poi diventerà il Coro ANA di Torino. Mentre si trovava al Pian della Mussa si mise a scrivere ispirato alcune parole e della musica. Sceso in pianura, mostrò l’elaborato all’amico Pigarelli che illuminato, mise in atto l’armonizzazione de “La Montanara” che oggi tutti conoscono. Nell’Ottobre del 1958 nasce il “Coro ANA di Vittorio Veneto”, diretto per anni dall’eccezionale musicista e armonizzatore che è stato Efrem Casagrande, sempre chiamato nelle giurie dei più importanti concorsi corali in Italia e all’estero. Nel 1966 ebbe la brillante intuizione di istituire e diventandone direttore artistico il prestigioso “Concorso Corale Nazionale Trofei città di Vittorio Veneto”, ancora oggi il concorso canoro più importante in Italia. Un coro ed un maestro che sono diventati istituzione culturale di un certo periodo storico nelle proprie zone di appartenenza e non solo, con uno spirito interpretativo ed una particolare impostazione canora, sanguigna ed irruente, così come dichiarano nelle pagine del loro sito web, diretti oggi da Pierangelo Callesella. Il 1958 vide la nascita anche del “Coro Grigna” di Lecco, diretto da Giuseppe Scaioli, che nel 1967 entrò a fare parte della famiglia ANA, esattamente a due anni di distanza dal momento in cui venne realizzato, proprio a Lecco e grazie alla locale sezione degli alpini, quello che è rimasto l’unico e vero “Convegno in difesa del canto alpino” durante il quale, i maggiori compositori e maestri di coro dell’epoca si riunirono per compilare il canzoniere ufficiale dei canti alpini. Ancora oggi riferimento per il genere musicale che, contrariamente a quanto si possa pensare, dopo lunghe e animate discussioni, riuscì a determinare la radice alpina di solo 31 canti tra tutti quelli diffusi in quel periodo. Il “Coro ANA Penna Nera di Gallarate” vide la luce nel 1959 sotto la direzione del maestro Giancarlo Bregagni. Un particolare curioso e meritevole di questo coro, lo possiamo descrivere nelle recenti vicissitudini, che danno anche un po’ il senso di cosa significhi la spontaneità della coralità alpina. Infatti da qualche tempo questo storico coro è diretto dal maestro Fabio Zambon, che detiene, senza che questo intacchi capacità, professionalità e dedizione, la palma di direttore di coro alpino più giovane d’Italia, quanto meno con i suoi 16 anni è sicuramente il più giovane direttore tra i cori alpini storici italiani. A lui e a tutto il coro vanno i miei personali complimenti e ammirazione, per una scelta che sono sicuro potrà dare grandi soddisfazioni per il futuro. Per terminare la lista dei cori ANA con almeno 50 anni di attività alle spalle, dovremmo parlare ora di quelli nati dopo gli anni ’60 e proprio nel 1960 a Bassano si forma il “Coro ANA Monte Grappa” che dopo cinque anni si fonde con il “Coro Edelweiss” per mantenere il nome di “Coro Edelweiss ANA Monte Grappa” come è chiamato oggi, diretto da Massimo Squizzato. Tanto per rimanere in tema “bocia”, “punto d’orgoglio del coro è la giovane età dei componenti provenienti da molti centri dell’area bassanese e della pedemontana del Grappa” come dichiarano sul loro sito web. L’inserimento di giovani è importante anche in un'altra formazione storica, il “Coro ANA di Sovere” della provincia di Bergamo, fondato nel 1961 e diretto da Sergio Vigani. Il fatto che i giovani si stiano riavvicinando ai cori ANA è un altro tema importante, i cori sono anche buon viatico di confluenza di giovani in seno all’associazione. Nello stesso anno nasce il “Coro Monte Cesen” e in questo caso, anche se non potremmo parlare di coro storico dell’ANA visto che l’egida arriva solo agli inizi degli anni ‘90, non possiamo che definire questo coro un’importante realtà del panorama corale italiano ora in seno all’ANA. Agli inizi diretto da Piero Pagnin (già direttore del Coro Stella Alpina di Treviso) denominato dal 1965 al 1980 “Gruppo Nuovocorale Cesen” visse sotto la direzione di Paolo Bon, che non credo si possa definire altro se non il più prestigioso etnomusicologo vivente. Non me ne voglia nessuno, ma di una certa generazione, ne sono rimasti veramente pochi e del suo livello ancora meno. Molte delle sue armonizzazioni, soprattutto del genere canto popolare e di ispirazione popolare sono punto di riferimento per molte realtà corali. Come detto, agli inizi degli anni ’90 il coro assume la denominazione di “Coro Cesen ANA Valdobbiadene” oggi sotto la direzione di Toni Facchin. Terminiamo questo excursus sui cori con una formazione che non ha ancora 50 anni, ma è questione di qualche mese, non sembrava giusto non arrivare a loro, anche perché tra i cori con una storia importante non possono mancare. Sotto la guida di un sensibilissimo direttore nato ad Adria, ma dichiarato da sempre Bellunese, che già nel 1961 fonda il “Coro Minimo” di Belluno. Nel 1963 viene fondato il “Coro ANA Roma”, il maestro era Lamberto Pietropoli, a lui si devono molte delle armonizzazioni di canti prevalentemente del centro e sud Italia. Coro in seguito diretto da Guido Podestà eccellente musicista, il quale ha avuto il merito di imprimere carattere e ulteriore capacità interpretativa alla formazione. Sulla scia di chi lo ha preceduto in quanto a capacità, il Coro ANA Roma è da qualche tempo diretto da Eduardo Notrica.

Le qualità artistiche dei cori ANA già solo con questa decina di cori, tendono all’eccellenza nel panorama corale italiano, eccellenza per la ricerca nel campo dell’etnomusicologia, per la creazione di armonizzazioni, per le capacità interpretative. Attingendo dal vasto repertorio dei cori ANA, qualunque realtà corale oggi potrebbe formarsi, creare un proprio repertorio di canti popolari, d’autore, di montagna e degli alpini. L’Associazione Nazionale Alpini ha le potenzialità per potere sviluppare una coscienza corale collettiva unica. Soprattutto la possibilità di riscoprire i nostri Cori ANA e i nostri canti. Proprio in merito al “canto alpino” dopo il convegno di Lecco del 1967 sono state fatte ulteriori scoperte, ma non ulteriori momenti di condivisione. Un canto alpino è tale se nato spontaneo tra gli alpini, nelle trincee, durante le guerre, in molti casi di ispirazione popolare. Non si creda che si riesca ad arrivare poi a più di 40 canti. Oggi, molti troppi canti, in maniera superficiale vengono definiti “Canti Alpini o degli Alpini” magari sarebbe più corretto dire, “Canto di ispirazione alpina” o più semplicemente “Canto per gli alpini”. Per intenderci (non me ne voglia il maestro De Marzi, ma prendo ad esempio due canti per l’ampia diffusione), canti come “Nikolajewka” o “Joska la rossa” non sono canti alpini, anche se molte volte nei programmi dei cori vengono definiti tali. Canti come questi sono certo di chiara e netta ispirazione alpina, narrano di situazioni alpine, ma sarebbe più corretto identificarli come “canti d’autore” in quanto di pura fantasia inventiva, bellissimi, ma non canti alpini. Purtroppo anche in questo caso, non è colpa di chi li ha composti, del genio e delle capacità armonizzative dell’autore, ma piuttosto della superficialità e degli equivoci che vengono generati da chi, poco approfondisce certi concetti. La salvaguardia del “canto alpino”, un bene inestimabile, un genere ben definibile e forse troppo poco definito correttamente, parte anche da queste piccole cose. In ultimo, mi scuso con tutti quanti non ho citato, a mio parere siamo tutti importanti, ognuno a proprio modo. Cantiamo e abbiamo voglia di farlo, questo basta ad essere tutti encomiabili. Auguro a tutti ogni fortuna, io la mia l’ho trovata nel Coro ANA di Milano. Se anche voi cantate, vi invito a trovarla in ogni vostra realtà corale. Se non cantate, e questo articolo è riuscito a suscitarvi un po’ di curiosità, un ultimo consiglio: una di queste sere, recatevi presso il vostro gruppo o sezione ANA e chiedete se è possibile assistere alle prove o al prossimo concerto del vostro coro ANA, ovunque siate, ascoltate le nostre storie che sono le storie delle nostre regioni, dell’animo umano e di tutti gli alpini. Alpinità, è anche fare parte di in un coro, possibilmente ANA. Buon ascolto a tutti.

Ivan Fozzer
coritalitysta

lunedì 28 gennaio 2013

Il lungo viaggio tra sogno e realtà corali alpine (2a parte)

Possiamo affermare che sia nato prima il canto della parola, basti osservare i neonati che fin da subito gorgheggiando iniziano a prendere coscienza di sé, per “conoscersi da dentro”. A tutti gli effetti il canto resta questo, permette di tirare fuori tutte quelle emozioni e sensazioni che in altro modo, difficilmente, sarebbe possibile trasmettere. Comunque, per quanto attiene il repertorio dei canti di montagna, è universalmente riconosciuto che iniziò tutto con quello che oggi conosciamo come il Coro della SAT. Questa formazione, grazie alla rara e indiscutibile capacità di produrre musica per coro, influenzò in maniera determinante: il genere, il canto, i cori alpini. Tant’è che oggi un coro alpino, come già detto, è identificabile in un coro di voci maschili. Credo che se la SAT fosse nata “coro misto”, ovvero formato sia da voci maschili, sia da voci femminili, i cori alpini oggi sarebbero tutti cori misti. Alla SAT quindi oltre al merito anagrafico e di capostipite di un genere musicale, anche quello di avere determinato i repertori di tutti quei cori che da lì in poi si sarebbero formati. Avvalendosi della collaborazione di illustrissimi musicisti compositori, uno su tutti Arturo Benedetti Michelangeli, la SAT produsse quasi senza soluzione di continuità un numero impressionante di armonizzazioni e partiture per coro maschile. Senza troppa attenzione poi ai contenuti, in quel periodo storico l’importante era cantare. Attingendo e armonizzando canti, non solo delle proprie valli trentine, ma anche dal bagaglio popolare di differenti regioni italiane. Proponendoli poi a mo’ di SAT, modello unico, indiscutibilmente caratteristico. Nella scelta del proprio repertorio, ogni coro oggi ha a disposizione una sconfinata documentazione, scritta e sonora, della SAT tanto che poi per emulazione, certi canti vengono eseguiti in concerto con tipico incedere ed inflessione trentina, siano essi canti degli Appennini abruzzesi o canti delle colline piemontesi, sia lo stesso coro che esegue il canto, un coro piemontese o un coro lombardo. Perché la SAT li ha sempre cantati così ed è l’unico modo in cui quel determinato canto è conosciuto. Bene intesi, non è colpa della SAT se di fatto questo succede, sta ad ogni coro prendere un canto e riproporlo con le proprie uniche caratteristiche e non per imitazione. Ma, l’ indipendenza da certi stili, trovare un proprio modo di proporre un repertorio, per un coro è un processo molto lungo. Talvolta, lo stesso pubblico dei concerti di cori alpini, abituato ad un certo modo di cantare, influenza i repertori dei cori che quindi vengono meno stimolati a trovare una propria identità. Meno male che nella storia corale italiana è esistita la SAT, altrimenti molto materiale sarebbe andato perso, e forse oggi non parleremmo di cori alpini, ma di qualcosa di sostanzialmente differente.

L’Associazione Nazionale Alpini, tra la prima e la seconda Guerra Mondiale, come qualsiasi altra realtà associativa italiana aveva ben altre cose a cui pensare, ma non rimase insensibile a questa particolare corrente musicale. Tanto che alcuni timidi tentativi vennero fatti, gli alpini di fatto hanno sempre cantato, tuttavia per arrivare a dare i natali al primo “Coro ANA” ufficiale, si dovrà attendere il 1949. Allontanandosi dall’ambiente di montagne e vallate, scendendo in pianura fino ad arrivare a Milano dove aveva, ed ancora ha sede, l’ANA Nazionale. Nasce in seno alla Sezione di Milano la prima formazione corale associativa, il già attivo “Coro Fiamme Verdi” sotto l’egida ANA assume il nome definitivo di “Coro ANA di Milano”. Da subito, come tutti, il coro si allinea ai dettami del “Coro SAT” salvo poi assumere una propria identità interpretativa e di produzione musicale grazie al prezioso apporto di illustri, sensibili e floridi direttori artistici. Vere e proprie perle musicali, ancora oggi diffusissime specialmente tra i canti alpini, vengono prodotte in quel periodo dai maestri del Coro ANA di Milano, tra gli altri: Flaminio Gervasi, Vincenzo Carniel e Cesare Brescianini. Potremmo affermare, senza tema di smentita e con un bel pizzico di orgoglio associativo, che a partire dagli anni ’50, tanto si parlava di “Coro SAT” per il genere canto popolare e di montagna, quanto si parlava del “Coro ANA di Milano” come riferimento per il genere canto alpino.

Una personale ricerca, portata a termine consultando gli archivi delle varie associazioni corali italiane, evidenzia come su un totale di circa 500 cori maschili ancora in attività in Italia, solo cinque risultino essere stati costituiti prima della Seconda Guerra Mondiale. I cori alpini: “Coro della SOSAT” e “Coro della SAT” (1926) e il “Coro Valsella” (1936), preceduti per età anagrafica esclusivamente da due formazioni triestine di fine ’800, ma di altro genere musicale.

Il Coro dell’Associazione Nazionale Alpini della Sezione di Milano (1949), è preceduto, da una ventina di formazioni corali per lo più di provenienza triveneta, tranne rare eccezioni con repertorio principalmente formato da canti popolari e di montagna, non tutti cori alpini. Sono questi gli anni d’oro del movimento corale in genere e alpino nello specifico. La televisione timidamente iniziava a diffondersi ed era ancora lusso per pochi, divenivano i cori con i loro canti, la forma più spontanea e immediata di comunicazione e spettacolo. Al di fuori del contesto ANA fanno la loro comparsa infatti formazioni come, solo per citarne alcune: Coro CAI UGET di Torino (1947), Marmolada di Venezia (1949), Monte Cauriol di Genova (1949), Stella Alpina di Treviso (1949), Genzianella di Biella (1952), Tre Pini di Padova (1958) e molti altri. Per chi se lo fosse chiesto, De Marzi e “i Crodaioli” arrivano nel 1958 sebbene in effetti, è innegabile che dopo la SAT, siano stati tra quelli che più hanno influenzato, continuando a farlo, i repertori della coralità italiana, grazie alle illuminanti armonizzazioni del proprio maestro. Canti d’autore come, “Signore delle Cime” pur avendo attinenza marginale con i canti alpini, iniziano a diffondersi nell’ambiente dei repertori dei cori alpini. Il concetto di “canto d’autore”, con l’arrivo dei Crodaioli, acquista nuovo vigore e ulteriore significato. Tanti i cori prestigiosi che, ancora oggi in attività, hanno portato alle luci della ribalta in quegli anni il canto alpino, popolare e di montagna, con anche il merito di trovare fin da subito un proprio percorso musicale e di repertori caratterizzanti.
(fine 2a parte prossimamente la 3a e ultima parte)

Ivan Fozzer
coritalitysta

martedì 22 gennaio 2013

Il lungo viaggio tra sogno e realtà corali alpine (1a parte)

E si arriva a quell'attimo di silenzio che precede il gesto che darà il LA alle voci. Accordi, pensieri, parole e voci, anime che si fondono in un'unica elaborata armonia. Il canto del coro riporta alla mente ricordi, riporta a quelle volte che la nostra mamma ci accompagnava verso il sonno della sera, ai crudi e tragici racconti dei nostri nonni che, certe cose le avevano vissute davvero. Il canto narra le vicende delle nostre montagne. Sentimenti, per lo più ricordi lontani nel tempo, ma che si cantano ancora, perché soprattutto in un momento come questo, c’è ancora chi ha la voglia di cantare le storie dell’animo umano. Trovando anche il tempo di guardarsi attorno e constatare di essere semplicemente uno di tanti, tutti protesi verso quegli individui sconosciuti, ma capaci di creare armonie e trasmettere emozioni. L’accordo finale e il fragoroso applauso che ne segue, rituffano nel presente ma solo temporaneamente, quanto basta perché il viaggio da qui a breve possa ricominciare. Chiunque abbia avuto la possibilità di ascoltare un coro, si ritroverà in queste sensazioni. Chiunque abbia mai cantato in un coro, riconoscerà i vividi sapori.

Il celebre poeta del ‘500, Antonio Ongaro inizia il Terzo Atto del Poema “L’Alceo”, prima favola pescatoria conosciuta della letteratura italiana, con queste parole: “..come sotto tranquille e placid’onde si nascondono scogli perigliosi; Così sotto sembianti adorni e vaghi stanno perfidi cori, alpini cori, cori d’amore e di pietà nemici”. Ongaro non intese certo apostrofare come perfidi i cori alpini che conosciamo. Non esistevano ancora o quanto meno non ne risulta a noi l’evidenza. Non poteva certo immaginare quale significato avrebbe assunto alcune centinaia d’anni dopo, il termine “cori alpini”. Ma quanti di noi, al di là di avere assistito a qualche esibizione canora, professionistica o dilettantesca, sono a conoscenza di quale sia la genesi dei cori alpini? Siamo così certi di sapere cosa sono? Cori ANA e cori alpini sono la stessa cosa? Cosa cantano? Certo è che, ognuno di noi abbia la propria risposta a queste domande. Il coro alpino, è universalmente noto come un insieme di voci maschili che eseguono i canti di montagna che tutti conosciamo. Ma siamo sicuri sia proprio così? No, non sono qui per farvi cambiare idea, piuttosto cercherò di stimolare in voi la curiosità, che è anche mia, la voglia di saperne di più sul canto e sui cori alpini e degli alpini. Magari non tutto è esattamente come appare. Mi auguro, letto questo articolo, che la prossima volta che vi capiterà di ascoltare un coro alpino sarete in grado di distinguere meglio cosa state ascoltando.

Definiamo innanzitutto come è composto, per antonomasia, un coro alpino. Non è detto che tutti siano esattamente composti nei termini che vi illustrerò, come in tutte le cose e i cori non sono da meno, si trovano eccezioni. I coristi di un coro alpino, vengono tradizionalmente suddivisi in settori o voci: Tenori Primi e Secondi, le voci alte o cosiddette chiare; Baritoni e Bassi, le voci basse o scure. Sulla falsa riga della tastiera di un pianoforte, le voci basse posizionate sulla sinistra della formazione e le voci alte a destra. Il maestro o direttore, si posiziona solitamente di fronte al coro, sia per potere avere la visibilità di tutti, sia per potere dirigere al meglio la formazione. Un coro viene predisposto nella tipica forma a “ferro di cavallo”. Nella stragrande maggioranza dei casi, i cori alpini sono formati da coristi privi di studi musicali alle spalle, è quindi compito del maestro del coro, solitamente musicista di professione, insegnare le parti ad ogni settore durante le prove che possono essere a cadenza settimanale, fino ad arrivare a due, tre appuntamenti a settimana. 

Il più celebre e indubbiamente noto coro alpino, ancora in fervida attività alla veneranda età di 86 primavere, formatosi nel 1926, si chiamava “Coro Trentino SOSAT” conosciuto più semplicemente come “Coro della SOSAT”. Non preoccupatevi, non è un errore, è proprio il coro della “Sezione Operaia Società Alpinisti Tridentini”, che una volta sciolto a causa di vicissitudini legate al regime fascista, fu “invitato” a ricostituirsi con il nome di “Coro della SAT”, “Società Alpinisti Tridentini”. Erano anni difficili, tanto che alcuni coristi si rifiutarono di assoggettarsi ad una simile richiesta abbandonando la formazione originale, per poi ricostituire tempo dopo il “Coro della SOSAT”. Quindi oggi esistono due cori trentini con DNA comune, “Coro SOSAT” e “Coro SAT” di Trento che poi hanno intrapreso percorsi molto differenti. Questa è una di tante storie che accomunano la vita dei cori, che man mano vi accennerò e che spero abbiate la curiosità di approfondire.
(fine 1a parte prossimamente la 2a)

Ivan Fozzer
coritalitysta